WMF experience: what’s our future challenge?
Tiriamo finalmente un sospiro di sollievo! Il WMF è finito e ci ha lasciato tanti spunti su cui lavorare. Ovviamente ci siamo fatti riconoscere: le nostre sintesi hanno fotografato le conferenze sul main stage e i suoi partecipanti.
Nel nostro padiglione, invece, abbiamo cercato di raccogliere le vostre aspettative sul futuro. Qualcuno non aveva le idee chiare, ma nemmeno noi!
Ad aiutarci nell’operazione di “rimettere insieme i pezzi”, ci è venuto in soccorso il knowledge wall, che ha preso forma durante l’evento.
Ma che cos’è esattamente un knowledge wall?
Un lavoro da knowledge worker! Si tratta di uno spazio “ritagliato”, di un momento di pausa dal ritmo frenetico (nel nostro caso dal tempo folle e alienato della fiera), per generare, creare, innescare un processo di coinvolgimento. Il punto di partenza è una frase o una domanda, che funge da spunto di riflessione più ampio e che genera la partecipazione di chi legge.
La nostra domanda è stata: qual è la tua sfida per il futuro?
Qualcuno ha riflettuto sulla propria vita personale, qualcun altro su quella lavorativa, in ogni caso, è stato un modo per liberare la creatività e la motivazione dei presenti. Molti si sono fermati ad interagire con il nostro muro perché promuovevamo un dialogo interattivo e, soprattutto, la possibilità di divertirsi durante la realizzazione.
Anche se il punto di partenza è ben chiaro, non lo sono gli esiti che ne possono venire fuori. Condividendo una parte di sé possono nascere anche delle amicizie, proprio grazie alla condivisione innescata dal wall!
La parte più emozionante di queste creazioni risiede nell’aspetto relazionale: ci si può lasciare ispirare da concetti vicini e connettersi a quanto elaborato da un altro. Una delle scene più belle ce l’ha regalata un bambino, che nel futuro si vedeva sviluppatore di videogiochi. La madre ha unito, poi, il proprio sogno al suo: fare il possibile per realizzarlo!
I risultati sono raccolte “istintive” di dati umani, che non verrebbero estrapolati altrimenti. Si instaura una relazione tra facilitatori e partecipanti, tra i partecipanti stessi, tra riflessione e pratica: bisogna fare (e farsi!) le domande giuste.
Abbiamo creato molti wall. Alcuni partivano da una parola chiave per poi estendersi e diventare l’affresco di gruppo di un processo mentale e delle suggestioni di chi era con noi, per trovare soluzioni e, scoprendo interpretazioni diverse, rimettere la nostra visione sul mondo in prospettiva.
Oppure dei wall che, a cascata, prendessero vita direttamente dalla discussione: i confronti sono parte dell’esperienza stessa e creano un senso di comunità.
L’unicità di questi valori è proprio nella componente umana, nella panoramica informativa e, soprattutto, emozionale, restituita al termine dell’attività: diverse domande, diversi esiti!
Nel contesto della fiera non vendevamo nulla, ma offrivamo qualcosa di indispensabile e, forse, tralasciato: umanità in mezzo alle macchine. Siamo andati a WMF portando avanti il nostro personale progetto e ne siamo venuti fuori meditando a nostra volta sulle sfide per il futuro, arricchiti di nuove idee da mettere in pratica.
Il muro era un modo per collaborare, mettere insieme competenze diverse e farle confluire su un unico spazio bianco. Non era molto diverso da uno scribing, anche se aveva come focus l’evento stesso, di cui è diventato diario delle interazioni spontanee.
Questo wall era speciale, perché parlava anche un po’ di noi e non vediamo l’ora di realizzarne molti altri!